47a Giornata Nazionale per la Vita
Celebriamo la 47a Giornata Nazionale per la Vita nel contesto del Giubileo: tale coincidenza ci sollecita ad assumere l’orizzonte della speranza, poiché è nel segno della speranza che la Bolla di indizione Spes non confundit (SnC) invita tutta la Chiesa a vivere l’anno di grazia del Signore.
1. Perché credere nel domani?
Come nutrire speranza dinanzi ai tanti bambini che perdono la vita nei teatri di guerra, a quelli che muoiono nei tragitti delle migrazioni per mare o per terra, a quanti sono vittime delle malattie o della fame nei Paesi più poveri della terra, a quelli cui è impedito di nascere? Questa grande “strage degli innocenti”, che non può trovare alcuna giustificazione razionale o etica, non solo lascia uno strascico infinito di dolore e di odio, ma induce molti – soprattutto i giovani – a guardare al futuro con preoccupazione, fino a pensare che non valga la pena impegnarsi per rendere il mondo migliore e sia meglio evitare di mettere al mondo dei figli.
2. Si può fare a meno della speranza?
Gli esiti di tali atteggiamenti, umanamente comprensibili, pongono numerosi interrogativi.
Quale futuro c’è per una società in cui nascono sempre meno bambini? La scelta di evitare i problemi e i sacrifici che si accompagnano alla generazione e all’educazione dei figli, come la fatica a dare sufficiente consistenza agli investimenti di risorse pubbliche per la natalità, renderanno davvero migliore la vita di oggi e di domani?
Il riconoscimento del “diritto all’aborto” è davvero indice di civiltà ed espressione di libertà? Quando una donna interrompe la gravidanza per problemi economici o sociali (le statistiche dicono che sono le lavoratrici, le single e le immigrate a fare maggior ricorso all’IVG) esprime una scelta veramente libera, o non è piuttosto costretta a una decisione drammatica da circostanze che sarebbe giusto e “civile” rimuovere?
Quale futuro c’è per un mondo dove si preferisce percorrere la strada di un imponente riarmo piuttosto che concentrare gli sforzi nel dialogo e nella rimozione delle ingiustizie e delle cause di conflitto? La logica del “se vuoi la pace prepara la guerra” riuscirà a produrre equilibri stabili e armonia tra i popoli e tra gli stati, oppure, come spesso è accaduto in passato, le armi accumulate – al servizio di interessi economici e volontà di potenza – finiranno per essere usate e produrre morte e distruzione?
Abbandonare uno sguardo di speranza, capace di sostenere la difesa della vita e la tutela dei deboli, cedendo a logiche ispirate all’utilità immediata, alla difesa di interessi di parte o all’imposizione della legge del più forte, conduce inevitabilmente a uno scenario di morte.
3. La trasmissione della vita, segno di speranza
La speranza si manifesta in scelte che esprimono fiducia nel futuro; ciò vale non solo per le nuove generazioni: “Guardare al futuro con speranza equivale ad avere una visione della vita carica di entusiasmo da trasmettere” (SnC 9). Una particolare espressione di fiducia nel futuro è la trasmissione della vita, senza la quale nessuna forma di organizzazione sociale o comunitaria può avere un domani. In quanto credenti, riconosciamo che “l’apertura alla vita con una maternità e paternità responsabile è il progetto che il Creatore ha inscritto nel cuore e nel corpo degli uomini e delle donne, una missione che il Signore affida agli sposi e al loro amore” (ibid.) Tutti condividiamo la gioia serena che i bambini infondono nel cuore e il senso di ottimismo dinanzi all’energia delle nuove generazioni. Ogni nuova vita è “speranza fatta carne”. Per questo siamo vivamente riconoscenti alle tante famiglie che accolgono volentieri il dono della vita e incoraggiamo le giovani coppie a non aver timore di mettere al mondo dei figli.
È urgente “rianimare la speranza” in questo particolare campo dell’esistenza umana, tanto decisivo per l’avvenire: “il desiderio dei giovani di generare nuovi figli e figlie, come frutto della fecondità del loro amore, dà futuro a ogni società ed è questione di speranza: dipende dalla speranza e genera speranza” (SnC 9).