Primo novembre, Solennità di tutti i Santi; due novembre, Commemorazione dei defunti.
Sono due appuntamenti di contemplazione, di riflessione e di vita. Contemplazione perché siamo provocati dal cielo: i Santi in paradiso e tanti defunti che, nell’attesa della gloria, vengono purificati. I Santi sono come luce e faro di riferimento perché il nostro cammino
su questa terra abbia una direzione: siamo progettati per la felicità e Dio è la nostra felicità. Le anime del Purgatorio sono quei nostri fratelli e sorelle che rafforzano la nostra speranza: essi sono ad un passo dalla beatitudine e ci dicono che, se in questa vita osiamo un po’ di più nella fede e nell’amore, i nostri passi saranno più decisi per raggiungere il cielo.
Dalla contemplazione si passa quindi alla riflessione per impegnare la vita in un progetto di salvezza. Il maestro che ci illumina è Gesù con le Beatitudini. Egli ci vuole “beati”, cioè felici. La felicità non si compra e non si vende, non è fatta di cose o di sensazioni. Ha radici profonde e viene dall’alto. La felicità è presenza di verità e di libertà, si traduce in parole e gesti di condivisione e di responsabilità. Basta pensare alla prima beatitudine: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”. La povertà nello spirito non è facile descriverla o calcolarla sociologicamente come si fa con i beni di questo mondo che determinano chi è povero e chi è ricco. Qui si tratta di un’altra cosa. Si è poveri nello spirito se si prende coscienza del senso del limite e del bisogno che appartiene all’essere umano. Il senso del limite ci fa capire, in modo positivo, la nostra dipendenza: dipendiamo da Dio e abbiamo bisogno di stabilire relazioni perché da soli non bastiamo e siamo tristi. Siamo beati se accogliamo Dio nella nostra vita come Colui che la riempie di significato: senza la relazione con Dio l’esistenza è persa nel “vuoto” perché non sa trovare né le origini né il fine.
Siamo beati se avvertiamo forte il bisogno di vivere di relazioni significative con gli altri e con il creato. Le relazioni vere sono piene di affetto, compagnia e progettualità. Per che cosa? Per migliorare noi stessi e il mondo. In sostanza siamo “poveri in spirito” se profondamente avvertiamo che abbiamo bisogno di Dio e del prossimo; abbiamo bisogno di creare legami veri e duraturi.
Da questa beatitudine scaturisce tutto il resto: la mitezza, la consolazione, la fame e sete di giustizia, la misericordia, la purezza di cuore e l’operosità per la costruzione della pace. Sono tutti modi di essere di chi mette in movimento la persona nella consapevolezza di essere cuore, mente e spirito. E ancora una volta il modello è Gesù.
Bene! I santi sono questi pionieri di semplicità perché hanno trovato il segreto nel dono della fede ed hanno giocato la vita nella pazzia dell’amore divino che diventa realtà nella vita umana. Queste “luci del Paradiso” ci stanno a cuore per la bella realtà che sono, ci danno una mano nel difficile cammino di questa vita e sono amici ed intercessori.