…resta a casa, perche’ solo cosi’ avremo la speranza di vedere insieme l’arcobaleno. UN MESSAGGIO DELLA ”NOSTRA” SUOR SERAFINA DA BERGAMO, ZONA SCONVOLTA DALL’EPIDEMIA 
News 25883, Pantelleria 30/03/2020
Ecco un messaggio di Suor Serafina Pungitore che, chiusa in una struttura della Casa Madre delle Suore Poverelle di Bergamo, sta affrontando la sua battaglia contro la  polmonite che l’ha colpita settimane fa. Un messaggio vocale che ha inviato dopo la richiesta di testimonianza rivoltale da Don Giuseppe Inglese con il quale, durante la sua permanenza fra noi, aveva condiviso la responsabilità della Pastorale Giovanile della Diocesi di Mazara del Vallo. Negli anni di permanenza sull’isola è stata una presenza attiva ed accogliente, un valido punto di riferimento per molti. Ha rivolto il suo operato soprattutto ai giovani dando voce ed opportunità alla loro voglia di esserci e di testimoniare, ha donato entusiasmo e carica di energia al Gruppo Scout che ha contribuito a far nascere nell’isola, ha condiviso   pr ogetti e percorsi educativi con gli educatori affiancandoli con affetto e competenza in un percorso di formazione, ha manifestato vicinanza ai bisognosi e regalato sorrisi di accoglienza per tutti… indistintamente. Un messaggio che abbiamo sbobinato con emozione ma anche con tanta riconoscenza verso questa cara religiosa che non ha dimenticato Pantelleria. Grazie suor Serafina per il messaggio di speranza che ci hai inviato, ascoltare la tua voce dolce e sicura ci sprona a guardare oltre questo tempo di buio. ECCO IL TESTO DELLA TRASCRIZIONE“Ciao a tutti carissimi educatori e giovani dell’amata Diocesi dei Mazara del Vallo. E’ superfluo sottolineare che siete sempre presenti nella mia preghiera e nel mio cuore. Mi sono ritrovata a vivere, come tantissimi in questo tempo, 20 lunghi giorni di quarantena non ancora conclusi, fra cui tre domeniche, per una polmonite scoperta provvidenzialmente prima che si trasformasse in corona virus e tuttavia curata con la stessa terapia secondo il medesimo protocollo. Tanti sono i sentimenti di gratitudine che in questi giorni, chiusa in una stanza, abitano il mio cuore nel constatare con quanta premurosa sollecitudine il Signore si è preso cura di me attraverso l’unica Sorella che può accedere nella camera, il cui sguardo è sempre luminoso e contagioso molto più del virus, e i medici per le cure. Ovviamente tutti protetti dagli opportuni dispositivi per tutelarsi dal contagio e che amorevolmente ho definito i miei astronauti.Ma il Signore si è preso cura di me anche attraverso la vicinanza di numerosi messaggi e telefonate di persone care, lontane come voi e altre vicine. Allora la vita in questi giorni è diventata un gioco di voci in mezzo al rumore assordante di ambulanze, che quando sento passare mi precipito alla finestra innalzo gli occhi al cielo ed imploro misericordia, e all’urlo di tanti fratelli che non ce l’hanno fatta. Ma è anche un gioco di sguardi, il mio che invoca sostegno e certezze e quello dell’altro che incroci… quelle due pupille come delle stelle lucenti nel buio di questo dramma che tutti stiamo sperimentando, dall’alba al tramonto appaiono con sguardo profondo e rassicurante, in camera. LE LUNGHE GIORNATE IN SOLITUDINE Ho imparato ad organizzarmi la giornata in uno spazio  limitato e solitario  e nelle  lunghe giornate, durante  i primi smarrimenti e timori quando le cure hanno iniziato a dare i primi risultati, mi hanno accompagnato quattro atteggiamenti: la speranza e l’abbandono fiducioso, ma anche l’attesa e il respiro. Quel respiro che tantissimi fratelli, troppi oggi, non hanno più perché deceduti e di altri che lottano con tutte le forze attaccati ai respiratori e alle bombole di ossigeno che spesso la sanità bergamasca fatica a reperire e dunque non sufficienti. E allora non possiamo che rendere grazie al Signore per il respiro, questo alito vitale che abbiamo ricevuto in dono come soffio di Dio mentre ti chiedi inevitabilmente “Perché io respiro ancora ed altri non più? perché alcuni sono feriti ed altri no?” E tanti altri quesiti mi pongo, riguardo a questo contagio di un nemico così insidioso. Questo è anche il tempo, per me e per tutti, in cui sperimentiamo la precarietà e l’assenza di tante cose che sembravano necessarie e che forse spesso abbiamo vissuto come abituali e scontate. In questa stanza ho sperimentato l’assenza del Pane Eucaristico che in questi giorni intravediamo solo attraverso lo schermo, quel Pane davanti al quale a volte mi sono accostata con abitudinarietà. Condizione questa però per far tesoro della Comunione Spirituale. Durante la Celebrazione Eucaristica alla quale mi unisco spiritualmente tutte le mattine alle 7.00 con Papa Francesco.Un’altra assenza di cui si sente il bisogno è il sole, ogni mattina mi viene spontaneo alzare lo sguardo e cercare uno squarcio di cielo azzurro, non ho mai desiderato come in questo tempo un raggio di sole che penetra dalla finestra e illumina, scalda e ti ridona vita ed entusiasmo per un nuovo giorno che ricomincia e la consapevolezza  però che tantissimi altri fratelli durante la notte hanno incontrato l’abbraccio misericordioso  di Dio Padre e non possono più godere di un raggio di sole su questa terra. UNA PAGINA DI VITA DRAMMATICA CHE NON PUÒ RESTARE VUOTA Questa pagina di vita drammatica in cui l’abisso scuro, la fatica, il dolore, l’ansia e la lotta per la sopravvivenza prendono il sopravvento… proprio questa, carissimi educatori e giovani, è la pagina non vuota proprio perché rimane indelebile nei nostri cuori smarriti ed attoniti.  E’ un pezzo di storia sacra di cui oggi ancora non ne cogliamo il senso ma sicuramente dalla quale trarre un insegnamento di vita. Non possiamo certo uscire da questa pagina nello stesso modo e con gli stessi sentimenti con cui siamo entrati in maniera così improvvisa e veloce. Certamente sono sconvolta ed incredula davanti alle strutture ospedaliere che sono al collasso e davanti alle numerosissime bare trasportate dai militari e che sembrano le scene di un film. Ma ogni bara rappresenta una vita offerta nella terribile solitudine e che oggi non sempre trova spazio nella sua città di origine per essere cremata e quindi viene trasportata altrove.Di fronte a questo scenario straziante spalanchiamo il nostro sguardo sulle molteplici testimonianze sia di operatori sanitari ma anche di persone decedute. Mi piace citarne due. Un sacerdote bergamasco che ha ceduto il respiratore ad un giovane e quindi si è consegnato spontaneamente alla morte, ed un altro sacerdote amatissimo nella città di Bergamo perché ha prestato servizio per trent’anni in Carcere ed era conosciuto come sacerdote degli ultimi, dei senza dimora, degli emarginati, degli emigrati.Tantissimo potrei ancora dire ma preferisco lasciare a ciascuno la propria riflessione, allora un saluto a te carissimo Don Giuseppe che mi hai chiesto questa testimonianza, a te carissimo educatore e carissimo giovane… e permettetemi un caloroso abbraccio a ciascun educatore e a ciascun giovane della Forania di Pantelleria, in questo momento ancor più penalizzante per la distanza dalla terraferma. Con ciascuno ho condiviso la gioia dell’incontro fraterno e del servizio, con ciascuno ho stretto un legame significativo. Con le parole del mio Fondatore, Beato Luigi Palazzolo, che presto sarà proclamato Santo, il quale diceva “Ci vuole un cuore largo per fare bene.” rivolgo anche a te, oggi, l’invito ad avere un cuore largo per fare il tuo bene e quello degli altri. Quindi resta a casa, perché solo così avremo la speranza di vedere insieme l’arcobaleno
Suor Serafina      
Giovanna Ferlucci Cornado