La morte, argomento non piacevole, è un fatto biologico inerente al concetto stesso di vita e quindi a ogni forma di vita. Quasi noi tutti ne abbiamo fatto esperienza con il decesso di un parente o di un amico. Solo che con il passare del tempo, si ha l’impressione che essa diventa un argomento tabù, di cui si cerca di non parlare per non rattristarsi o spaventare i più fragili. Purtroppo, la consapevolezza di onorare le spoglie mortali su una tomba sta venendo meno, causando non solo una grave ferita alla fede cristiana ma anche uno schiaffo alle nostre tradizioni. In alcuni casi, i segni di lutto sono ridotti al minimo o tendono a scomparire del tutto. Con il passare del tempo, è diminuita la lunga processione di una volta che accompagnava il feretro verso il cimitero insieme al sacerdote e ministranti.
Oggigiorno si parla di funerali in forma privata: solo la famiglia del defunto, assistita dalle pompe funebre che prende parte all’estremo saluto. Così facendo vengono esclusi tutti quelli che hanno conosciuto il defunto mentre era con loro. Dal mondo funerario arrivano varie proposte davvero spaventose dopo la morte. Probabilmente fra qualche anno, i cimiteri non serviranno più dal momento che si cerca di sostituire le tradizionali sepolture alla cremazione, al disperdere le ceneri o ancora trasformarli in un gioiello. Nonostante la sua banalizzazione, questa triste sorte comune a tutti e cioè la morte, suscita angoscia, paura ma anche speranza per i credenti.
Il ricordo affettuoso dei propri cari defunti è presente in tutte le culture, dove si crede, e non all’immortalità. Il 2 Novembre è il giorno che la Chiesa dedica alla commemorazione dei fedeli defunti. Molti familiari si recano al cimitero (dormitorio) per deporre un fiore, accendere una candela in segno di affetto. Ma non tutti i defunti godono della visita di un parente anche fuori da questa ricorrenza. La Chiesa si fa portavoce e si avvicina a tutti senza discriminazione nel ricordare tutti. Essa vuole commemorare tutti perché, la distruzione nella polvere non è il destino finale dell’uomo bensì la visione di Dio. Di conseguenza, in ogni celebrazione, la liturgia riserva sempre un piccolo spazio detto memento, Domine… (ricordati Signore…) e propone preghiere universali in suffragio alle anime del Purgatorio. Ogni anno da questa parte, abbiamo sempre commemorato i nostri cari defunti nei vari cimiteri dell’Isola. Condizionati dalle intemperie, le celebrazione si sono svolte questa volta nelle chiese parrocchiali. Ma c’è un senso ricordare i morti o ancora pregare per loro?
Nella scia di Cristo Gesù morto e risorto, i credenti hanno la piena convinzione che i morti risorgeranno. Questa certezza viene espressa nella professione di fede : «credo alla risurrezione dei morti …». Dio ci ha creati per vivere eternamente al suo cospetto quindi Santi ed immacolati nell’amore. L’incapacità dell’uomo di rimanere in questo stato appunto perché libero, lo ha portato alla decadenza, perdendo questo privilegio. Il non stare con Dio è un tormento, una penitenza, il calvario. Per riacquistare la visione beatifica, l’eterno riposo, ogni fedele defunto deve colmare il divario causato dalla sua incapacità di amare. Dato che nessuno di noi si salva da solo, la Chiesa chiede ai vivi di offrire le preghiere per la salvezza eterna dei defunti. Non tutte le anime vanno in paradiso dopo la morte, perché il giudizio finale sarà senza misericordia contro chi non è stato misericordioso. La nostra preghiera può dunque essere di aiuto affinché queste anime siano salvi. Chi prega per loro può ottenere anche l’indulgenza parziale o plenaria dei propri peccati. Ecco l’importanza di pregare per i morti. Accanto alla liturgia eucaristica, lo si può fare con le semplici espressioni del requiem : « L’eterno riposo, dona loro o Signore, e splenda ad essi la luce eterna, riposino in pace, Amen!»
Don Paul, Cpps.