18 i pescatori, tre le nazionalità (italiana, senegalese, tunisina) 2 le fedi (cristiana e musulmana) 108 i giorni di prigionia in Libia, un angelus di papa Francesco dedicato alla loro condizione: ora, finalmente liberi e rinati, ad un’anno dall’accaduto, 11 di loro e per loro, insieme ai familiari, sono stati dal Papa per ringraziarlo.Il desiderio più grande del vescovo, mons. Mogavero, era far partecipe lo stesso Francesco del lavoro sinergico e in sintonia che i tre sindacati che si occupano di pesca e pescatori avevano fatto insieme alla diocesi: “un vero cammino sinodale” continuava a ripetere fin dal volo verso Roma, “bisogna che il Santo Padre lo ascolti come testimonianza” aggiungeva contento. In verità l’esperienza dal Papa e con il Papa ha avuto tre momenti decisivi: uno forte di giustizia, uno di stupita gratitudine, uno di intensa familiarità. Il momento forte di giustizia: la sera prima a cena, tra gli avvisi e le preparazioni pratiche all’incontro con il Papa, il vescovo ha scelto di condividere con i pescatori e le loro famiglie quanto poi l’indomani la stampa ha fatto sapere a tutti, ovvero il compiersi di una indagine difficile e rischiosa, ovvero la scoperta del volto e del nome di colui che ha voluto rendere quel tempo di prigionia tempo di violenza e di paura. Ho guardato immediatamente gli occhi dei pescatori, il loro sguardo non si è abbassato, non si sono impauriti, non possono dimenticare, ricordano tutto, ma non cercano vendetta, solo giustizia. Il loro è stato uno sguardo di giustizia, con la dignità di chi grida non per paura ma perché non capiti ad altri pescatori quello che hanno subito loro: mai più prigionia in Libia mai più una strategia del terrore e della violenza, mai più per nessun pescatore. Il giorno dopo al mattino presto, ancora buio e anche freddo, i pescatori, le loro mogli e i figli, carichi di emozioni si sono messi in fila per superare i controlli di sicurezza e così poter essere ammessi all’incontro con il Papa nell’aula Nervi. Il freddo mattutino è stato un pò affievolito dalla tenerezza natalizia grazie al suono di un gruppo di zampognari, che anch’essi partecipavano all’udienza del Papa. Sguardi di domanda, curiosità, donne giovani vestite di spose, tutto diventava il tempo di preparazione all’incontro con Francesco, “Voi siete il gruppo di Mazara? Seguitemi”. Essere riconosciuti, attesi e accompagnati dal Papa, ciò che si percepisce non è orgoglio, ma dignità, e si comprende immediatamente che Mazara è nome del noi, nome comunitario, nome di tutti, così come pescatori è condizione comune, esperienza condivisa di fatica e di lavoro, sempre dignità. Il loro volto, scavato dal mare e dal sale, così come le loro mani, in quel momento diventavano vero luogo di dignità umana riconosciuta e accompagnata.L’arrivo del Papa, lo stupore nel loro sguardo, quasi il non crederci che stesse veramente capitando proprio a loro, è diventato un grande grazie del cuore quando Francesco li ha nominati davanti a tutti, indicando la loro presenza in udienza, le ragioni difficili di questa visita, e la gioia grande che aveva il Papa stesso ora nel poterli salutare. I pescatori non solo di Mazara ma anche del Papa, quelli per i quali il Papa ha pregato, si è preoccupato, si è impegnato. Si sono sentiti custoditi, protetti, amati, al sicuro, in porto. Dal Papa come in porto, solo un pescatore, un uomo di mare e di barche può capire fino in fondo. Infine il momento bello, intenso, unico dell’abbraccio con Francesco, della foto, della offerta dei doni. L’umanità di Francesco è bellissima, incanta, la sua cordialità, la sua semplicità, la sua umiltà, la sua capacità di far sentire ognuno suo amico, suo vicino, suo familiare. Per nulla imbarazzati, i nostri pescatori si sono messi accanto al Papa, hanno raccontato, hanno mostrato foto, quadri, gli hanno teso i propri bimbi per un bacio una benedizione, Francesco è diventato un loro amico, un uomo a cui poter guardare, grazie a cui poter continuare a sperare e tornare anche in mare. Guardandoli attorno al Papa ho pensato allora al momento in cui Gesù stesso chiese a Pietro di tornare a pescare, lui non aveva preso nulla, i nostri erano stati sequestrati, ma entrambi sono tornati a mare a pescare. Non so bene per quale ragione Gesù fra i suoi discepoli abbia pensato soprattutto a dei pescatori, conoscendo un pò di più ora i pescatori, intuisco che una umanità che sappia custodire dignità davanti al mare e nel sale, la cui vita è segnata profondamente dal sacrificio, agli occhi di Gesù risultasse affidabile per il vangelo e il regno di Dio. Alla fine di questa esperienza rimane dunque la percezione grande della dignità umana dei pescatori e il loro legame profondo di gratitudine e di giustizia con Papa Francesco.
Vito Impellizzeri