Processione della Madonna della Margana:
Salita, ultima Domenica di Maggio. S. Messa ore 16:30 in Chiesa Madre, segue Processione.
Discesa, ultima Domenica di Ottobre. S. Messa ore 9:00 Santuario Madonna della Margana, segue Processione.
Correva l’anno 551 quando un gruppo di monaci basiliani giunti a Pantelleria si insediarono in un’antica struttura, forse d’origine romana, che sorgeva nei pressi dell’antico abitato, per trasformarla in un cenobio. Paolo Orsi che visitò questo insediamento nei primi anni del 1900, ce lo descrive come un edificio scavato in parte nella lava ed in parte contornato da ben solide mura, adornato con raffinati mosaici. Durante l’ottavo secolo gli arabi distrussero Pantelleria, massacrandone gran parte della popolazione. Solo nell’835 però occuparono stabilmente l’isola, colonizzandola con popolazione berbera e ricostruendo una nuova economia basata sull’agricoltura ed in grado non solo di rendere l’isola autosufficiente, ma addirittura di esportare uva passita e fichi secchi. All’850 circa risalgono le tracce documentate dell’esistenza della comunità basiliana, che pare essere sopravvissuta all’occupazione araba, forse grazie alla ricchezza del monastero e pagando l’odiosa giziya (la tassa per continuare a professare privatamente il cristianesimo).
Nel retro dell’Icona della Màrgana si legge ancora la seguente iscrizione: “Sacra haec imago anno post incarnatione 857 depicta venustante relapsa fuit a Lujsio Sozzi anno 1732 novitas reformata” cioè, liberamente tradotto: “Questa sacra immagine, dipinta nell’anno 857 d.C., essendo vecchia fu rifatta da Luigi Sozzi nell’anno 1732 e riportata all’antico splendore”. Volendo dar credito alla teoria che vuole la scrittura dell’Icona intorno all’anno 857, è possibile ipotizzare l’inizio di questa meravigliosa storia con la partenza di una nave da un non ben identificato porto nord africano, ormai in mano ai Saraceni, e diretta verso occidente: probabilmente, come ritiene lo storico locale D’Aietti, verso la Calabria, terra ancora nei domini bizantini, più precisamente verso il cenobio di Santa Maria del Patirion di Rossano. Un’antica ballata pantesca composta attorno alla storia di questa miracolosa Icona recita: “In Oriente e in tutto l’Egitto, in Palestina e nella Turchia, era per legge ed era prescritto distruggere le Immagini di Maria”. Certamente la tradizione non può fare riferimento al periodo iconoclastico, perché questo si era già concluso definitivamente con la condanna finale del movimento iconoclastico nel VI Concilio di Costantinopoli, tenutosi nell’843 sotto il patronato dell’imperatrice Teodora II. Con buona probabilità, la nave ed il suo equipaggio fuggivano invece dalla follia distruttrice delle immagini sacre da parte degli Arabi.
Secondo la leggenda, durante la navigazione, una violenta tempesta costrinse il capitano a dare l’ordine di scaricare in mare tutte le mercanzie trasportate, compresa l’Icona, in modo da alleggerire il peso del vascello già in difficoltà. Miracolosamente l’Icona avrebbe poi attraversato come “barca” l’Adriatico fino ad essere recuperata da un vascello saraceno, il quale a sua volta sarebbe naufragato nei pressi di Pantelleria. L’ipotesi popolare è però assai poco sostenibile, in primo luogo perché nessun cristiano si sarebbe disfatto della “Setella Maris” raffigurata in una simile opera, in secondo luogo perché nessun saraceno avrebbe mai raccolto un’immagine sacra dal mare, dal momento che i musulmani, pur venerando Maria come madre del “profeta” Gesù, osservano il divieto di eseguire immagini sacre. Nelle narrazioni orientali del periodo iconoclastico è molto frequente trovare l’espressione “buttare in mare” o “affidare alle onde” per indicare il gesto di far partire per mare un oggetto sacro. Risulta quindi assai più probabile l’ipotesi di un vascello in navigazione verso occidente, che spinto dalla tempesta si sia rifugiato a ridosso di Pantelleria. Questa ipotesi è suffragata dall’esatta conoscenza della data di scrittura dell’Icona, elemento che fa pensare all’esistenza di un documento di committenza che avrebbe accompagnato l’immagine, oppure ad un documento che avrebbe attestato l’arrivo dell’Immagine sul suolo pantesco. La nave, riparatasi a Pantelleria, deve essere stata sequestrata dagli arabi che ormai definitivamente controllavano l’isola. E’ probabile che poco prima della cattura del vascello il capitano sia riuscito ad affidare l’Immagine sacra a dei pescatori cristiani, che come recita la ballata, si trovavano sulla spiaggia. L’icona fu poi consegnata ai monaci basiliani, di cui abbiamo visto attestata la presenza. Questi segretamente devono averla custodita almeno fino al 1123, data in cui il Gran Conte Ruggero occupa stabilmente Pantelleria e a spese del regno di Sicilia fa ricostruire il monastero basiliano.
Durante la restaurazione cristiana dell’isola, la sacra Icona deve dunque essere di nuovo “apparsa”. La leggenda narra che giunta a Pantelleria l’immagine venne caricata sul dorso di un asino per essere trasportata fino al paese, ma arrivata in contrada Màrgana l’animale che la portava non volle più andare avanti. Si provò in tutti i modi a smuovere l’asino, ma questi non ne voleva sapere, sembrava di pietra e ben confitto al suolo! D’altro canto i monaci del tempo dovevano essere ben avvezzi ad interpretare episodi di questo genere, si vedano le leggende nate intorno alla storia dell’Icona della Vena o quella della Lavina a Cerami e molte altre ancora… Si pensò quindi di erigere un santuario proprio nel punto in cui la Madonna volle fermarsi. Da allora l’Icona prese il nome di Madonna della Màrgana; Il nome Màrgana deriva infatti dall’arabo “marg” nel suo significato di campo ben coltivato, dunque Protettrice dei campi. Con buona probabilità, subito dopo la comparsa della sacra Icona, dovettero esserci delle contese fra i religiosi di rito romano arrivati nell’isola durante il periodo normanno (ci si ricordi che per aver restituito a Roma un gran numero di diocesi Ruggero era stato nominato legato apostolico, lui e la sua discendenza, da papa Urbano II) e quelli di rito greco-ortodosso, al punto che, come narra la tradizione, la Santa Vergine stessa dovette porvi rimedio. Nel mese di ottobre il quadro, che si trovava nella chiesetta della Màrgana, scompariva per essere ritrovato misteriosamente nella chiesa Matrice di Pantelleria. Dopo sei mesi, a fine maggio, accadeva l’opposto ed il quadro veniva ritrovato a Màrgana. Fu così che secondo la leggenda divenne una consuetudine devozionale la processione religiosa che ancora oggi, l’ultima domenica di maggio, lascia la chiesa Matrice di Pantelleria Centro per salire, con lunga processione, in collina nel santuario della Màrgana. Durante il periodo della navigazione la Madonna “munta” ( sale) sull’alto colle e da qua veglia sulle rotte e sui viaggi dei marinai panteschi. Allora i marinai dei velieri panteschi si sentivano al sicuro sulle azzurre vie del mare, perché lassù, alla Màrgana, qualcuno vegliava su di loro. La processione della sacra Icona veniva accompagnata da spighe di frumento intrecciate, quale augurio di abbondanti raccolti. Finita la raccolta ed esaurita la sua funzione protettrice, l’ultima Domenica di ottobre, la Madonna tornava in paese, seguita da una folla di fedeli in segno di ringraziamento.
Altra ipotesi possibile vuole la presenza dell’Icona sull’isola da tempi ancor più antichi, forse portata dai monaci basiliani all’atto della fondazione del cenobio, cosa che avveniva assai di frequente. Sempre come recita l’antica ballata la Madonna della Màrgana passa il mare: “unni li figghi toi sunnu emigrati”.
In epoche successive, l’Icona originale deve essere scomparsa per poi essere sostituita intorno al XIII secolo, come studi recenti (restauro del 1978 ad opera del prof. Cristando) hanno messo in evidenza, con una versione più recente in stile romanico. Si vedano i tratti del Bambino non più rappresentato come un adulto, o le scritte liturgiche, “Mater Dei” dipinte con caratteri greci, al posto dei tradizionali monogrammi per “Meter Theu”.
Dalla data del suo insediamento nell’Isola, l’Icona è stata fonte inesauribile di consolazione e di intercessione per l’ottenimento di numerosissime grazie. Lo attestano i numerosi buchi presenti sul quadro, ove venivano appesi dei gioielli donati come ex-voto, e gli ancora più numerosi quadretti votivi che vi erano prima dei bombardamenti dell’ultima guerra. Il notaio D’Aietti, grande devoto della Màrgana e storico pantesco, ci narra di uno di questi miracoli. Nel lontano 14 aprile 1910, il cutter Delfino era stato tratto in salvo da uno spaventoso fortunale dalla Santissima Vergine apparsa salvifica, col Bambino, da uno squarcio nella nera nuvolaglia. Particolarmente suggestiva la cronaca degli accadimenti avvenuti durante la II Guerra Mondiale, quando l’isola considerata come importante punto strategico divenne teatro di una famosa battaglia aerea. La sacra Icona era stata trasportata presso la chiesa dell’Immacolata Concezione che fungeva allora da Parrocchia, ecco la cronaca del tempo: Incominciò l’8 maggio del ’43. Era appena terminata la pia pratica della “Supplica alla Madonna di Pompei”. La gente era appena uscita di chiesa, e l’isola fu coperta da una nube di aerei d’ogni tipo e dimensione. Fu un carosello allucinante. Fortunatamente l’obiettivo era circoscritto alla zona dell’aeroporto. Per quel giorno il paese fu risparmiato e risparmiate chissà quante vite umane. Rommel abbandonava l’Africa. Un gruppo di motozattere venne a infilarsi davanti a San Nicola per sfuggire alla caccia degli Inglesi. Si capiva che erano un grave pericolo per l’abitato, ma di giorno non si volevano spostare. Attendevano la notte. Gli Inglesi invece non rimandavano al giorno dopo le ricerche. Era presto, l’ora della funzione: P. Bobola e P. Pagani con un giovane, una vecchietta e qualche ragazzo erano alla Concezione. La sirena d’allarme non aveva ancora finito di urlare che vedemmo sulle nostre teste un sibilo di aerei in picchiata e di bombe. Uno schianto. Una nuvola di polvere. Preghiere recitate tremando e la Concezione finita. Vivi per miracolo, fu detto. Ed era vero. Bianchi di polvere come mugnai, ma vivi. Levammo gli occhi e, tra la polvere che si diradava, vedemmo un altro prodigio che ci allargò il cuore: il quadro della Madonna della Màrgana, sistemato, per il mese mariano, sull’altar maggiore, era al suo posto. Neppure il vetro di protezione era stato spezzato. Come avesse fatto a salvarsi lo sapeva solo Lei, la Madonna. Il giorno dopo la Madonna andava a vivere, anche Lei, la vita del rifugio. Anche Lei in mezzo ai suoi figli tra gli stenti e il buio delle caverne di Mursia.
In suo onore esistono alcuni canti di lode che generalmente venivano recitati dal popolo nei due giorni della processione; ora, purtroppo, sono stati quasi del tutto dimenticati. Riportiamo di seguito un canto molto antico, intitolato “Rosario della Madonna della Màrgana” :
O Maria della Màrghinitana
che di grazie siete fontana per
il Bambino che in braccio portate
e per noi Madre sacrata,
aprite le Sante porte
della gloria beata.
Si grazie nui vulemu
a Maria ricurremu.
Sopra il monte cumpariu
la gran Madre di Dio
e li vistu Santu lia.
e viva la Marghina Maria.
E Maria cu lu so mantu
li cummogghia tutti quanti.
Il quadro rappresenta Maria Santissima nell’atto di allattare, “Galaktotrophousa”. Questo tipo di icona richiama la funzione materna di Maria per esaltarne la dignità, facendo eco al grido della donna in mezzo alla folla: “Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!” (Luca, 11, 27). Sia nel testo biblico, sia nella tradizione, il latte si trasfigura in simbolo: incarna, col miele, la rappresentazione della fecondità, della libertà, del benessere, dell’amore e della speranza, come è attestato da quella celebre formula stereotipata applicata alla terra promessa: “terra ove scorre latte e miele”, formula che risuona nell’Antico Testamento almeno una ventina di volte. I Padri della Chiesa e i testi liturgici alludono molte volte all’allattamento di Gesù, sia per sottolineare la “condiscendenza misericordiosa” del nostro Dio (sunkatàbasis), sia per mettere in rilievo l’onore toccato alla Madre. Un inno bizantino così si esprime: In che modo può ricevere un inizio colui che è anteriore ai secoli e come può venire allattato colui che con bontà nutre ogni vivente? In vari modi, i testi tradizionali ripetono questo paradosso: colui che nutre tutte le cose, Maria compresa, ora si lascia nutrire da lei. La Vergine Maria, che allatta il Figlio Gesù, è uno dei segni più eloquenti che il Verbo di Dio si è fatto carne per davvero, senza alcuno sconto. Non stupisce quindi l’ampissima diffusione, sia in Oriente, sia in Occidente, che ebbe il tema iconografico della “Madonna del latte”. La diffusione di questo tema iconografico va quindi ben oltre particolari rotte commerciali, come vorrebbero far credere in modo artificioso certi storici.
In questo genere di Icone non deve però essere cercata solo la rappresentazione del mistero della maternità divina, ma anche il prodigio e il mistero della maternità umana, con le sue gioie e i suoi drammi. “Chi non è madre, difficilmente può cogliere la piena di sentimenti che una madre cristiana prova davanti ad un’immagine della Vergine Madre che stringe il Figlio di Dio fatto bambino; c’è come un’intesa totale, protagoniste come sono, l’una e l’altra, di un unico evento: il mistero della vita. E a chi ricorrere, se non a Lei, quando il proprio seno minaccia di avvizzirsi e non solo si è privati della gioia di porgerlo al proprio bambino e di vedere che di esso si appaga e si nutre, ma si è costretti ad assistere impotenti alla propria creatura che piange e deperisce, senza poterla nutrire e consolare?”. La tradizione vuole che in una delle tante grotte poste sotto la basilica della Natività di Betlemme la Vergine si sia rifugiata durante la strage degli innocenti per allattare il Bambino. Una goccia di latte sarebbe caduta su una parete, rendendola particolarmente bianca. Durante tutto il medioevo pezzetti di tale roccia venivano asportati dai pellegrini (non solo cristiani, ma anche ebrei e musulmani) e, ridotti in polvere, venivano disciolti in acqua e assunti dalle donne in difficoltà per il latte. Si possono quindi su questa base e senza la minima ombra di dubbio smontare le tesi di coloro che vogliono attribuire all’Icona della Màrgana, come a molte altre icone Galaktotrophuse, valenze di carattere esoterico e significati misterici quasi sempre molto al di fuori delle stesse intenzioni degli iconografi: tutto ciò al solo fine di voler strumentalizzare “la tutta Santa Madre di Dio”.
La Ballata della Madonna della Màrgana |
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Preghiera a Maria SS. della Margana
A te sale, tutta Santa Madre di Dio, Maria di Margana,
il nostro canto di giubilo, la lode ed il grazie per aver prediletto
d’amore speciale la nostra Isola di Pantelleria.
Tu hai voluto accompagnare i panteschi lungo il difficile cammino della vita.
Insegnaci, tenera Madre, ad essere tuoi amorevoli figli e a cercare la strada
che conduce all’incontro con l’Eterno Padre.
Aiutaci ancora, ti preghiamo, a superare le prove della vita e a riconoscere nella nostra storia
la presenza salvifica del Cristo, tuo Figlio, che ci conduce con il suo Santo Spirito. Amen