LA CORSA DELLA PAROLA DI DIO TRA NOI ( tratto dalla lettera pastorale di Mons. Angelo Giurdanella)
“DESIDEROSI DI AVERE LO STESSO STILE DI DIO”
Carissimi tutti, ogni volta che comunichiamo c’è un livello che entra in gioco. Spesso ci diciamo cose generiche che ci lasciano alla superficie della vita e dei rapporti, altre volte entriamo in profondità, soprattutto quando le relazioni condividono ciò che è buono, vero, bello e la gioia dell’affetto. Come vostro Vescovo, sento un grande affetto verso tutti voi e condivido le grandi preoccupazioni che hanno i genitori per i propri figli, i giovani per il proprio futuro, le donne e gli uomini sensibili al bene perché questa nostra terra, bella ma martoriata da mali che insieme dovremo sconfiggere, fiorisca nella verità e nella giustizia e – come sottolinea il Papa – sia pensata e abitata come la Casa comune.
Carissimi amici, carissime sorelle e fratelli tutti, so di dover agire come segno di unità e artefice di fraternità ma sono altresì ben consapevole che non posso, da solo, prendere questo giogo – benché dolce – e portare questo peso – benché leggero (cf. Mt 11,30). Continuo perciò a confidare ed umilmente chiedere il sostegno di tutti. Anzitutto dei miei amati confratelli nel presbiterato e nel diaconato, collaboratori preziosi del mio ministero, epifania diffusa del volto del Buon Pastore e del Servo obbediente per questa nostra Chiesa di Mazara.
Questa mia lettera nasce proprio dall’avervi incontrato, dall’aver visitato le nostre comunità; e aver indicato a tutti le “cose essenziali della fede” – Parola, Eucaristia, Fraternità e Poveri – che ci fanno crescere in pienezza di vita e ci rendono lievito e sale della terra e mi sono lasciato condurre nella sua stesura da un breve testo di Paolo: «Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore si diffonda e sia glorificata come lo è anche tra voi»
1 . RADICATI NELLA PAROLA – Il discepolo deve nutrirsi della Parola, avere un cuore abitato dalla Parola e una vita illuminata e riscaldata dalla Parola. Non si può essere araldi della Parola senza esserne stati discepoli. Non si può annunciarLa senza esserne stati in religioso ascolto, Dei Verbum religiose audiens. La Parola “rinfranca l’anima, rende saggio il semplice, fa gioire il cuore, illumina gli occhi, è più dolce del miele e di un favo stillante” (cf. Sal 18). Accolta e meditata assiduamente, forma la mentalità di fede; interiorizzata nella preghiera, genera le grandi certezze che sostengono la vita; contemplata con amore, nutre come “fiore di frumento e miele dalla roccia” (cf Sal 80,17). Giustamente il Concilio Ecumenico Vaticano II ha scritto: “È necessario, dunque, che tutta la predicazione ecclesiastica […] sia nutrita e regolata dalla Sacra Scrittura. Nei libri sacri, infatti, il Padre che è nei cieli viene con molta amorevolezza incontro ai suoi figli ed entra in conversazione con loro; nella Parola di Dio, poi, è insita tanta efficacia e potenza da essere sostegno e vigore della Chiesa, e per i figli della Chiesa saldezza della fede; cibo dell’anima, sorgente pura e perenne della vita spirituale” (DV 21). Non apprezzeremo mai abbastanza il tesoro della Parola di Dio, che illumina, libera e salva; che è rivelazione, è promessa ed è norma di vita; che “interpella, orienta e plasma l’esistenza” (NMI 39). Come ama affermare il carissimo Mons. Giuseppe Costanzo, vero amico della Parola, che mi ha introdotto all’amore per le Scritture: “La Parola di Dio ci aiuta a capire la nostra vicenda, a decifrare l’esistenza, a interpretare la storia; e viceversa la storia ci aiuta a comprendere e a penetrare la Parola, in una specie di feconda circolarità ermeneutica”. E ancora: “Per arrivare a porgere la Parola con tanta schiettezza e coraggio, con tanta “parresia” occorre che la Parola non sia soltanto studiata, ma custodita nel cuore e meditata con amore, come faceva la Madonna SS.ma, che “custodiva tutte queste cose, meditandole (symballousa) nel suo cuore” (Lc 2,19). Studiare è necessario, ma insufficiente. Occorrono l’assimilazione e la sintesi che sgorgano dall’adorazione prolungata e dall’impegno di non tradire mai – con la grazia di Dio – la Parola accolta. C’è un abisso tra la semplice acquisizione intellettuale e l’assunzione vitale. E la missione, prima ancora di essere azione, è testimonianza e irradiazione” (Mons. G. Costanzo). E l’indimenticabile Card. C. M. Martini: “L’esegeta scruta la Parola, l’orante si lascia scrutare dalla Parola”. “Quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita, […] noi lo annunciamo anche a voi” (1Gv 1,1-3). Alla base dell’annuncio deve esserci una forte esperienza di Dio. Al mondo dobbiamo annunciare e testimoniare il grande amore che Dio ha riversato nei nostri cuori. Questo amore deve spingerci senza sosta, deve incalzarci continuamente: urget nos diceva San Paolo (2 Cor 5,14). Contemplare: cioè vedere, gustare, assimilare. Il contemplativo è uno che cerca il volto di Dio: “Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto” (Sal 26,8-9). Il contemplativo è uno che avverte l’esigenza di stare alla presenza del suo Signore, dell’amato del suo cuore. “La nostra testimonianza sarebbe insopportabilmente povera se noi per primi non fossimo contemplativi del volto di Cristo” (NMI 16). La contemplazione richiede:
• silenzio: “attività nascosta dell’amore in ascolto” (G. Courtois)
• ascolto orante della Parola, che va accolta e conservata perché maturi nel silenzio e porti frutto a suo tempo;
• adorazione: rapporto profondo e silenzioso con l’amato “entrate: prostrati, adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti” (Sal 95, 6).
“Dalla vita trascorsa in ginocchio davanti al Signore, meditando la Parola sgorgherà una vita di dedizione apostolica e di slancio missionario. Non ci può essere missione senza contemplazione e viceversa non ci può essere contemplazione che non spinga alla missione. La missione nasce in ginocchio, spinge sulle strade del mondo, dove fa contemplare il volto del Signore nelle persone che incontra, risospinge verso il cuore a cuore col volto autentico del Signore” (Mons. G. Costanzo).